lunedì 16 luglio 2007

IL MESSAGERO (16 luglio 2007) pag.18: Tramonta l’era del concorso pubblico nello Stato si entra per sanatoria


Tramonta l’era del concorso pubblico nello Stato si entra per sanatoria

E il governo studia la riforma: esami centralizzati e più selettivi

Lunedì 16 Luglio 2007

di PIETRO PIOVANI

ROMA Il concorso pubblico è morto, o perlomeno è moribondo. Un tempo era l’unica porta di accesso per entrare nella pubblica amministrazione italiana. Oggi quella porta è diventata uno sportellino, una finestrella, mentre si sono aperti altri ingressi più ampi e praticabili.
Oggi si può diventare lavoratore pubblico con un contratto a termine o come co.co.co. Oppure come dipendente “esternalizzato”, cioè assunto da una società privata che svolge i suoi servizi all’interno dell’amministrazione. E se le cose vanno bene, si può sperare in una sanatoria che conceda l’assunzione definitiva a tempo indeterminato: così si diventa uno statale a tutti gli effetti, ma senza aver superato un vero concorso.
Esterni ed esternalizzati. Un primo colpo al principio del concorso obbligatorio è stato inferto con l’avvento della flessibilità e delle esternalizzazioni. Dal ’93 a oggi, una serie di riforme hanno consentito il ricorso ai contratti atipici (a tempo determinato, collaborazioni, consulenti, interinali, lsu). Per i posti da dirigente è stata istituita la figura dell’“esterno”, assunto a termine per chiamata diretta. Inoltre ci sono interi servizi (le pulizie negli uffici, la compilazione delle buste paga) che una volta venivano svolti in proprio dall’amministrazione, e adesso vengono appaltati a società esterne.
Le sanatorie. A volte il precario, arruolato con metodi sbrigativi, viene poi trasformato in un impiegato pubblico a tutti gli effetti. Così dovrebbe succedere a molti nei prossimi anni. Di qui al 2011 la Finanziaria ha promesso di far entrare nei ruoli delle amministrazioni almeno 100 mila, forse 150 mila persone (scuola esclusa). Questo significa che per quattro anni lo Stato praticamente non farà più altre assunzioni, quindi non farà più concorsi.
Il blocco delle assunzioni. D’altra parte lo Stato ha quasi smesso di fare concorsi già da tempo. Nei ministeri per esempio, in tutto il 2005 sono stati assunti tramite regolare selezione appena 800 dipendenti, negli enti previdenziali meno di 300. È la conseguenza del blocco delle assunzioni in vigore, sotto varie forme, ormai da oltre un decennio. Le amministrazioni non possono assumere, quindi non possono bandire gare pubbliche. Per questo rimediano con i precari.
Vecchi e nuovi metodi. Ma il concorso è fuori moda anche per un altro motivo. È proprio la formula della selezione pubblica ad essere messa in discussione. Può ancora funzionare un meccanismo che è rimasto praticamente lo stesso dai tempi di Cavour e Quintino Sella? Di sicuro se le amministrazioni tendono ad aggirare l’ostacolo è anche perché la lunga procedura dei concorsi si addice poco alla nostra epoca concitata. E gli esami pubblici, così come si svolgono oggi, non sempre premiano i più bravi. Per questo si discute di come cambiare le regole delle selezioni.
Nicolais. La riforma dei concorsi pubblici è uno dei punti nell’agenda del ministro Nicolais. La prevede, in particolare, il memorandum firmato a gennaio da governo e sindacati. Per «decongestionare i concorsi», si legge nell’accordo, bisogna definire «in modo puntuale e rigoroso» i requisiti di partecipazione, e anche sperimentare «concorsi comuni alle diverse amministrazioni».
D’Alessio. Il giurista Gianfranco D’Alessio spiega come dovrebbero funzionare i concorsi comuni: «È una vecchia idea di Massimo Giannini: perché per certe figure professionali non si fa un unico concorso nazionale a cadenza annuale? Se un’amministrazione ha bisogno di un ragioniere, attinge alla lista dei ragionieri idonei che hanno superato il concorso». I concorsi centralizzati sarebbero un modo per sottrarsi alle logiche delle clientele e dei favoritismi locali. D’Alessio insiste poi sulla necessità di attuare una selezione rigorosa a partire dal titolo di studio: «In Italia si continua a credere che per accedere a un impiego pubblico vada bene qualunque laurea. Per questo i concorsi sono così affollati. Quando si deve assumere un biologo o un ingegnere meccanico si pretende una laure specifica, perché per un manager pubblico no? Bisognerebbe richiedere il possesso di crediti accertati in alcune discipline, che so, l’economia politica, l’organizzazione aziendale, il diritto amministrativo. Così si farebbe una prima scrematura dei candidati».
Vincitori di concorso. La sanatoria dei precari rischia di penalizzare coloro che negli anni passati hanno superato un concorso risultanto “idonei”, ma non hanno ancora trovato un posto. Simone Baldelli, parlamentare di Forza Italia, sostiene che siano almeno 140 mila persone. Per aiutare la loro causa, Baldelli ha presentato una risoluzione approvata dalla commissione Lavoro della Camera, all’unanimità e con il parere favorevole del governo.

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